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Le tre volpi

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~ A e r i t h
view post Posted on 23/3/2013, 19:44




Genere: Drammatico/Introspettivo
Argomento: Final Fantasy VII
Personaggi: Cloud Strife; Aerith Gainsborough


I ricordi passati rimangono ciò che di più caro si ha, a ogni secondo che passa questo bene aumenta di valore. Più quei ricordi sono lontani più si tenta di premunirli e conservarli, ma il tempo inevitabilmente strappa quel fondo di verità ed inizia a modellare, levigare quella che è una pietra grezza fino a farla divenire un diamante. Quei giorni felici diventano idilliaci, la cosa più importante della vita. Vengono custoditi come i più preziosi dei tesori, tenendoli chiusi in cassaforte senza permettere a qualcuno di vederli.
Sono consapevole di questo, ma adesso sono l’unica cosa che ho e sono l’unico motivo del mio viaggio. Durante la mia vita ho avuto tanti desideri ma un solo sogno.
Vorrei prendere da ogni uomo un desiderio che con la sua piccola energia resti vivo, ed uno ad uno li porterei con me durante il mio cammino, così che mi circondino nel buio e mi facciano sentire meno solo. Sarà solo un’illusione perché nella notte più scura quei puntini appaiono numerosi da lontano ma per quanti siano rimangono solo delle lucciole. Belle da vedere, sembra che possano unirsi ed insieme formare una lanterna ma sono troppo inconsistenti. Resteranno puntini che cercherò di toccare ma che spariranno al solo avvicinarmi. E per questo non riescono ad illuminare la strada ciottolosa che devo percorre. Purtroppo non mi impediscono di inciampare ad ogni sasso che incontro perché non vedo neanche i miei piedi. Fossero anche migliaia non sarebbero sufficienti per eguagliare la Luna che vorrei così tanto poter seguire. Ovunque io sia lei illumina il mio percorso con i suoi raggi così forti che quando passano le ore diventano Sole e meta. Ed è una stella, la più luminosa di tutte, quella che anche di giorno puoi riuscire a vedere e di notte è la prima che sorge. Dentro al ciclone so che si sarà e diventerà la mia guida. Non farò altro che avere lo sguardo alzato per seguirla e finalmente vederla avvicinare. Potrò raggiungerla anche se il vento mi sbatterà in faccia.

Adesso che immergo i piedi nel fango nero e non riesco a vedere ne il Sole ne la Luna, è come se il cielo non esistesse. Se alzo lo sguardo vedo solo il vuoto che incessantemente cola verso il basso. Sono terrorizzato dal buio e dall’idea di questo viaggio, dalle bestie, dal non sapere, dai miei simili, dal silenzio. Ho paura che scendendo in profondità non farò altro che vedere il mio riflesso in quelle figure pallide e senza consistenza.
Sento odore di acqua fredda. Mi chiedo se qui esiste il tempo oppure non si sente la sua pesantezza. Se così non fosse, quanto durerebbe? Quanto ancora dovrei stare qui?
Mi sembra di esserci da un’eternità, semplicemente perché non ricordo quando è iniziata. Mi volto, per cercare un qualcosa che mi dia una risposta, che mi indichi una partenza, ma non vedo nulla, è troppo buio. O forse non esiste niente ed è per questo che non riesco a vedere. Mi tocco il viso, cerco i miei occhi, il mio naso, la mia bocca ma sento solo freddo. Penso che adesso il freddo abbia una consistenza. I miei movimenti hanno il rumore di setaccio mentre delle ombre mi sfilano accanto. Cammino con le braccia protese in avanti, ogni minimo rumore mi fa voltare senza mai trovarne la causa. Solo adesso mi accorgo che quel silenzio di cui avevo paura sta sparendo, inizio a percepire suoni di cui non so dare la provenienza. Penso siano voci ma non capisco se sia un osanna o un lamento; piano si mischiano tra loro formando quasi un canto. Lo seguo sperando che mi conduca da qualche parte visto che di stelle non riesco ancora a vederne.
Ho davanti un fondovalle, senza colore, e quell’odore di acqua fredda è più forte che mai. Mentre avanzo il buio cola sulla mia testa; grandi gocce di nulla mi percorrono e quelle che mi evitano scendono lentamente, quasi da sembrare ore, fino a infrangersi nel terreno senza far rumore. Cerco la mia immagine in una di quelle che mi scorrono davanti ma non vedo nulla. Credo che queste gocce, che non sono ne calde ne fredde, mi stiano mangiando.
I suoni che avevo scambiato per un canto non sono altro che urla di dolore, di pena, di felicità, ma pur sempre urla che non mi fanno respirare. Sono così acute e forti da diventare un ago che mi percorre tutta la testa. Materialmente hanno formato un pezzo di metallo conficcato proprio tra i miei occhi. Sono diverse eppure ce n’è una più forte di tutte le altre, vorrei solo che la smettesse. La ucciderei se la trovassi pur di farla smettere. Ogni presenza è solo un onda che grida e non si accorge della mia presenza e questi ammassi di polvere si muovono attratti da un unico centro, da ammasso rosso che non hanno il coraggio di toccare. Mi avvicino e lo guardo, è piatto come una tavola però non so distinguere se è un lago o un fiume, mi inchino per toccare la superficie ma non ci riesco, non ho mani per farlo. Avvicino la testa per riuscire a sentirlo ma mi blocco paralizzato dalla pura, e non ne so nemmeno il motivo.
Ma c’è qualcos’altro, in quello specchio rosso riesco a distinguere un riflesso. Alzo di scatto lo sguardo e vedo dei rami di albero che nascono dall’alto, da un unico centro in cui c’è una bocca mostruosa. Non riesco a vedere la fine dei rami da quanto sono lunghi, ma su di loro giacciono nudi e riversi infiniti cadaveri di madre. Dai loro capelli scivolano quelle stesse gocce di nulla che cadono dal soffitto. E quella voce che sentivo così fastidiosamente urlare era la mia.
Tu hai visto tutto questo? No, non credo. La tua via è stata serena e piena di luce.
Mi sento spingere e schiacciato, mi muovo senza volerlo. Sento una stretta al collo, un braccio invisibile che vuole soffocarmi, il dolore è insopportabile e l’aria che comunque riesco a respirare è troppo fredda e troppo solita. E’ lei mi sta strozzando. La vista mi si riempie di rosso tanto che vedo solo quello e non riesco più a fare nulla.
Poi il dolore lentamente scompare e riprendo la cognizione di me stesso. Il mio viso è a pochi centimetri da quelle acque rosse che fissato prima, cerco di rialzarmi e mi rendo conto che sono coricato in una lastra di metallo, composta da un corridoio compatto e tutto il resto fatto a griglia. Nemmeno con il suo passaggio l’acqua si increspa. Voglio alzarmi ma mi ritrovo a fissare quell’albero che avevo visto, adesso sono proprio sotto di lui. Rimango disteso sulla schiena mentre percepisco altre presenze intorno a me. Solo adesso che lo studio con attenzione mi accorgo che non solo corpi interi, ma anche braccia e gambe sporgono dai grossi e spogli rami. Voglio solo continuare a guardare l’enorme bocca con le sue fauci, lei è il centro di quella pioggia di nulla, infatti da li dentro sgorga copiosa una cascata nera. Si avvicina sempre di più e io non riesco a distogliere lo sguardo.
La attraverso e sono totalmente ricoperto. Il bruciore agli occhi è insopportabile ma devo tenerli aperti, voglio vedere. Non ho capito cosa c’è in fondo a quell’oscurità, ho bisogno di sapere se c’è una luce, se riesco a vederne anche solo una traccia ma tutto intorno è solo nero.

Qui non esistono pareti, ogni cosa ha una forma ovale, io sono dentro una grande sfera bianca ed è come se galleggiassi nel suo centro. Cerco di muovermi e la sensazione è quella di attraversare un mare di stoffa che non si vede. Davanti a me una figura imponente, mi avvicino fino a stargli ai piedi. Alto, non so dire quanto, non ho più il senso della misura, il suo volto è rotondeggiante, rugoso e screpolato. Non ha naso e al posto della bocca spunta un becco adunco; gli occhi piccoli e rossi sono induriti da nere sopracciglia. Dalla testa appunta spuntano pochi lunghi capelli grigi. Il busto è grosso e informe, formato da fasce e pezza di pelle che si sovrappongono l’un l’altra malamente. Non ha gambe ma una unica cappella a forma di medusa, come una gonna, che ha lo stesso colore grigio-marrone di tutto il resto del corpo.
Si accorge della mia presenza e si inchina, i suoi occhi hanno lo stesso colore di quell’acqua. Distolgo lo sguardo perché fissarlo mi infastidisce, è come se quella vista mi provocasse bruciore. Mi rivolto ma lui è già lontano. Sto fermo per un po’ perché non mi piace per nulla, vorrei che se ne andasse davvero ma so anche che non posso lasciarlo andare. Se lo faccio non riuscirò più ad avanzare.
Corro ma la sua figura è sempre più sfuocata, più mi avvicino più mi rendo conto che la forma non è più la stessa, prima sembra senza consistenza ma poi va sempre più a delinearsi.
Chi è? Sono io?
Si volta verso di me e io mi fermo. E’ mio padre. Questa volta cerco di parlare ma non emetto alcun suono, non ho una bocca ma non ho nemmeno una mano con cui possa comunicarglielo. Non so cosa sono, non c’è niente in cui io possa vedermi, nemmeno i suoi occhi, fin troppo opachi. La verità è che non saprei nemmeno che dirgli.
Resto a fissarlo per un tempo che mi sembra infinito e in quegli occhi senza colore cerco di trovarci qualcosa. Vedo la calce della città e la puzza di smog che si respirava, vedo i vicoli grigi dalle pareti alte e le persone accasciate sulla strada. Ci sono i reattori e le macerie che convivono insieme. E poi le case, quelle semplici, come la casa della mia infanzia, e i prati poco dietro. Poi la chiesa, abbandonata e i fiori che per la prima volta riescono a sbocciare. Il cielo di notte e il lago, davvero troppo freddo. Una mano mi saluta, un’altra mi tocca la spalla, sento delle risate e poi la pioggia che cade per guarire, un’altra mano è aperta verso di me e una promessa di una terra felice.
Ma quello che ho davanti sono io, lo sapevo fin da subito. Io, mio padre, non me lo ricordo.
E questa bolla che mi sembra così grande non è altro che uno soffio nell’erba che mi porta lontano, mi trascina in altre terre, e mentre scivolo lontano tra i suoi fili trattiene tutte le immagini.

E’ tornato il buio, so’ che questo è il vero viaggio, ma mi sento tremare, l’idea delle paura che avevo all’inizio è svanita perché adesso si sono concretizzate e non sono più un’idea. Le mie paure sono vere e le sento molto più forti di quanto avrei mai potuto immaginare. Le belve che mi circondano hanno il colore dei miei occhi e zanne nelle mani. Sono immobile, e prego solo che finisca. Le loro unghie e la loro bocca mi lacerano, distruggono l’unica essenza che sono diventato, dilaniano tutto ciò che era rimasto di me. E’ possibile tagliare un’anima?
Ma io non so nemmeno se credo all’anima. E’ un dolore insopportabile, non posso che pensare a questo, voglio solo che finisca, subito, se mi dessero la possibilità di annullarmi adesso sceglierei quella senza alcuna esitazione. Non so più cos’è il dolore perché credo ci sia un altro concetto per questo, è passare un confine troppo grande per un solo uomo. Ed io non riesco a reagire, non riesco a muovere nemmeno una parte di me e ribellarmi, non riesco a scacciarli via, mi sono arreso.
Chiedo solo pietà mentre guardo un soffitto buio. Pensavo di non riuscire a percepire più nulla perché troppo dilaniato ma qualcosa, per un solo secondo, mi sembra di averla vista. Quell’immagine mi da la forza di concentrarmi e finalmente la rivedo, su, in alto, in mezzo al nulla, piccolissima ma viva e presente, la mi stella.
Adesso non ho più una ragione per abbassare lo sguardo e riesco a fare un passo.
Questa volta so per certo che non avrò timore e indugio, perché riuscirò a raggiungerti. Inondami con la tua luce.


I fiori si muovono lievi al ritmo di un dolce vento. Sono sbocciati, come da stagione. Mi inchino, ne raccolgo uno e poi mi avvicino in questo luogo pieno di luce. Guardi il cielo, o forse il mare che si vede in lontananza?
Appena mi senti, ti volti. Ti ricordi quella volta in cui tu mi porgesti un fiore? Adesso sono io che te lo porgo con delle mani così minute, con le mie vecchie fattezze da uomo e con le mie piccole nuove fattezze da donna. Le tue sembianze non riesco a vederle perché non c’è altro che i tuoi occhi verdi.
Adesso come allora ho la certezza che ancora morirei e attraverserei l’inferno infinite volte per l’eternità, per poter rinascere con te.
 
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view post Posted on 24/3/2013, 21:13
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ç_ç Che tristeee!(bè trovare un pensiero allegro nella capoccia bionda di Cloud credo sia un evento da segnare sul calendario lol)
(parla quella che invece di leggere "E per questo non riescono ad illuminare la strada ciottolosa che devo percorre" ha letto così "E per questo non riescono ad illuminare la strada cioccolatosa che devo percorre" lol chiedo venia per aver rovinato il profondo momento di autocoscienza, c'era mia mamma sotto che cercava i Lindt).
Veramente dolce (un pò "inquietante" in certi tratti") ma tutto si incastra perfettamente all'interno di questi pensieri/incubi/sogni.
*-* Complimenti giovine!
 
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~ A e r i t h
view post Posted on 25/3/2013, 12:30




Rinsing ç___ç
Mamma mia grazie, cavolo poi mi ha sorpreso che venisse commentata così presto ç___ç
Sei stata gentilissima a leggerla e commentarla. Poi troppo, troppo buona, ti ringrazio tanto!
CITAZIONE
(parla quella che invece di leggere "E per questo non riescono ad illuminare la strada ciottolosa che devo percorre" ha letto così "E per questo non riescono ad illuminare la strada cioccolatosa che devo percorre" lol chiedo venia per aver rovinato il profondo momento di autocoscienza, c'era mia mamma sotto che cercava i Lindt

Ahahahah sta tranquilla ti capisco benissimo, io il cioccolato ce l'ho sempre in mente potrei addentare qualsiasi cosa abbia minimamente quelle parvenze, anche un tavolo.
CITAZIONE
Veramente dolce (un pò "inquietante" in certi tratti") ma tutto si incastra perfettamente all'interno di questi pensieri/incubi/sogni.
*-* Complimenti giovine!

Ti ringrazio davvero tanto, e sono molto contenta che sia arrivata anche il lato inquietante, ho ricreato l'inferno ma cercando di non adattarlo ai canoni classici ma bensì alla mente di Cloud.
Grazie mille *___*
 
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view post Posted on 25/3/2013, 16:32
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Ayup io non sono mai troppo buona credimi u.u (a parte in istanza quando uso il priest. li sì sono troppo buona con certe brutte bestie.. *borbotta qualcosa poi ritorna al giusto discorso*)..
Hem dicevo, sì per me ci sei riuscita davvero bene, a percezione e sensazione si sente molto quell'essere "tormentato", hai interpretato in ottima maniera quello che generalmente viene descritto come luogo (quindi a livello di sensi fisici) in una versione più personale ed "eterea", l'inferno interiore non è semplice da descrivere senza cadere nel banale ( a mio avviso almeno). Anche il punto di vista lo trovo molto coerente (perdonami il termine forse non è quello più corretto ma me ne sfugge uno migliore >_>""), insomma non sei andata per luoghi comuni e hai saputo usare le parole giuste, ayup
Gasshie a te yepyep, fa sempre piacere trovare gente che SA scrivere
 
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3 replies since 23/3/2013, 19:44   58 views
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